E’ dicembre
Ora che la folla dei vacanzieri delle spiagge è dedita a visitare mercatini di natale ed altri eventi enogastronomici consoni alla stagione, posso finalmente approfittare delle condizioni ideali per un giro che amo veramente ripercorrere, anno dopo anno.
La ricompensa della fatica (tutto sommato modesta se si è mediamente allenati) di percorrere circa 700 metri di dislivello partendo dalla Gardesana salendo a San Zeno di Montagna per poi spingersi fino alla località Le Cà, è grande: ci attende una discesa mozzafiato da fare a tutta birra sfruttando il bel fondo di sasso fisso e l’ampiezza rassicurante del sentiero, raggiungendo velocità ragguardevoli e mettendo alla prova le sospensioni della vostra bici e il sangue freddo che avete in corpo… anzi, NO!
Sono anni che ci provo e non ci riesco mai…
Il panorama è troppo bello, io tento di farmi questa discesa come un sedicenne scavezzacollo, ma nulla da fare, persino a 16 anni mi sarei dovuto fermare cento volte.
La prima sosta è proprio a Le Cà, minuscola ed incantevole contrada a picco sul fiordo… pardon, sul Lago di Garda. La vista spazia verso Nord su Torbole e Riva, col Monte Brione al centro, Malcesine spunta da dietro il crinale del monte Baldo, pian piano l’occhio scende a sud, sul versante bresciano del lago verso Tremosine, Limone, Tignale, Toscolano, fino giù a Gardone e Salò. Sotto di noi si vede la gardesana percorsa alla partenza.
Siamo immersi in un paradiso di quiete a poche centinaia di metri (che, va detto, sono quasi verticali) da una delle aree turistiche più frequentate d’Italia, ma è dicembre, quel momento dell’anno dove laggiù tutto è sospeso fino alla prossima stagione turistica e quassù si riesce ad ascoltare il suono della natura senza interferenza da parte di qualche rombo di motore. Il freddo non manca, ma come ci siamo tenuti caldi pedalando in salita, così l’adrenalina della discesa ci farà tornare a sudare.
Passati velocemente dalla fontana coperta – non perdetevela, merita uno sguardo e una riflessione, essendo un lascito del passato quando su questo monte calcareo che è il Baldo l’acqua era risorsa da conquistare con ingegno – si giunge a Cà Vicari.
Non dirò nulla su questa località, ci sono cose che le mie parole non riusciranno mai a raccontare fino in fondo, forse per questo motivo sin da ragazzino sogno di mettere la fotografia accanto alla scrittura e questo è proprio uno di quei casi in cui l’immagine vale più di mille parole. Vorrei essere un fotografo più bravo per “raccontare” questo posto ancora meglio, ma spero che queste foto già rendano l’idea!
Proseguendo su un breve tratto di strada bianca, dopo aver attraversato una delle tante affascinanti forre del Baldo, in corrispondenza del primo tornante che troviamo imbocchiamo il sentiero che a questo punto si fa leggermente più tecnico, con qualche roccia meno “ordinata” rispetto a quanto percorso fin qui.
E’ un susseguirsi di tratti nel bosco e passaggi aperti, in corrispondenza di piccole radure dovute alla tipica roccia liscia affiorante, e nel contempo l’ambiente si trasforma.
L’ennesima magia del monte Baldo: un quarto d’ora fa siamo passati da Tenuta Cervi, coi suoi castagni secolari e qualche macchia di terreno gelato, ed ora stiamo raggiungendo Campo, immerso negli ulivi e baciato dal sole del tramonto: ed il tepore non è solo dato dalla bellezza del panorama, c’è realmente qualche grado in più!
Nelle stagioni più calde, c’è un punto su questo percorso dove la presenza di un piccolo allevamento di pecore col suo tipico odore che pervade l’aria unitamente al paesaggio brullo e roccioso, mi portano con la fantasia alle scene di “Mediterraneo” il film premio Oscar di Salvatores girato nelle isole del mar Egeo: e in quel momento provo lo stesso senso di evasione dalle mie “battaglie” di ogni giorno che quel film racconta con delicatezza e poesia.
Giunti a Campo, il nostro itinerario è a un quadrivio: si possono infatti imboccare quattro discese per tornare a bordo lago, tutte egualmente belle e panoramiche, sono certo che chi verrà qui la prima volta, tornerà molte altre e le percorrerà quindi tutte, scegliendo la sua preferita.
Ma ciò che non deve assalirci e la fretta di lasciarci alle spalle questo borgo sostanzialmente abbandonato, e che proprio per questo motivo ha un fascino raro.
Visitare le sue architetture rurali sospese in un tempo ormai finito da decenni, regala scorci ed emozioni tutte da vivere.
Se poi è già iniziata l’esposizione dei presepi, all’atmosfera unica di questo luogo dismesso dalla sua funzione originale, si unisce una nota mistica: chi ha avuto questa idea ha colto al meglio la nuova vocazione di Campo.
L’oscurità avanza, è giunta l’ora di rientrare, ci resta giusto il tempo di scendere fino alla riva del lago e ammirare a 180 gradi il “fiordo” nel suo splendore, portando a casa soddisfazione e benefici di un’evasione totale alla quale – spero presto – mi abbandonerò nuovamente!