Bosco Caproni: esplorando cave di oolite e trincee della Grande Guerra.

Alla scoperta di un sito ricco di storia e biodiversità per un'affascinante escursione adatta a tutti. Vedrete cose inconsuete che si trovano solo qui. Siete curiosi?

Nei pressi di Arco (TN), esiste uno scrigno ricco di fascino e biodiversità: il Percorso storico-naturalistico Bosco Caproni.
Deve il suo nome per essere stato di proprietà del pioniere dell’aeronautica mondiale Gianni Caproni (1886-1957) che bonificò quest’area di 44 ettari, promuovendone il rimboschimento.

Cosa fare e vedere lungo il percorso di Bosco Caproni.

Una caratteristica che rende questa escursione ancora più bella sta nel fatto che è un facile percorso ad anello, con un dislivello di circa 150 m (con andata in salita e ritorno in discesa), della durata di circa 2 ore.


Una volta imboccata la strada forestale di Bosco Caproni si incontra subito la falesia Abissi e poi si trova il bivio: vi consigliamo di iniziare girando a sinistra, verso le prime cave.
Le cose da vedere sono molte e soprattutto inconsuete:

Le cave di oolite e la Casa Museo.

Queste cave sono ricche di fascino perchè sembrano delle grotte scavate in pancia alla montagna. Incontriamo prima le “cave basse” dove si estraeva pietra di oolite per costruire portali, fontane e statue; e poi le “cave alte” (più in su lungo il sentiero) che invece venivano utilizzate per produrre tubi per acquedotto che portava l’acqua alla fontana comunale dei paesi. Vennero prima dismesse le cave basse e poi quelle alte, a cavallo tra Ottocento e Novecento, e da allora sono meta turistica, famose anche tra gli appassionati di arrampicata (qui e in tutta la zona di Arco si trovano molte falesie, tra le più belle al mondo).

L’ultimo proprietario delle cave, il signor Giovanni Meneguzzi, innamoratosi profondamente del posto, nei pressi delle cave alte fece costruire due case e rese coltivabile il terreno attorno.
Una di queste case è stata ristrutturata e adibita a museo; è aperta al pubblico da giugno a ottobre ogni ultima domenica del mese. Il terreno attorno è ancora curato e coltivato con ulivi e piante da frutto. Una vera chicca!

Il bosco di lecci più a nord d’Europa.

L’albero più rappresentativo di Bosco Caproni è il leccio (Quercus Ilex). Si tratta di una quercia sempreverde tipica dell’ambiente mediterraneo, che trova proprio qui nell’Alto Garda il suo limite settentrionale di distribuzione.
Altri alberi spontanei che si possono osservare sono la roverella, l’omiello e il carpino nero. Vi è anche una cospicua presenza di pino nero, non autoctono, ma diffusamente impiegato fino al 1950 per rimboschimenti.

Le “fratte”.

Dove il terreno era scosceso, il suolo poco profondo e soggetto al dilavamento delle piogge, per coltivare si realizzavano muretti a secco, per poi rimpolpare lo spazio a monte di terreno, formando ampi terrazzamenti. Localmente questi muretti vengono chiamati “fratte”, dal latino frango che significa spezzare ma anche arginare.
Bosco Caproni ne riporta ancora diverse testimonianze, grazie al lavoro di coltivazione che fece Giovanni Meneguzzi, come sopra descritto.

Camminare tra le trincee di Vastrè, della Prima Guerra Mondiale.

Una volta giunti alle “cave alte” e alla Casa Museo, è possibile fare una piccola deviazione imboccando il sentiero chiamato “Anello delle Trincee“. Si cammina tra le trincee della Prima Guerra Mondiale con meravigliosi scorci e panorami sulla Valle del Sarca, il Castello di Arco, il Monte Brione, il Lago di Garda e la Paganella.
Queste trincee facevano parte della seconda linea difensiva dell’allora Impero austro-ungarico e servivano a controllare la strada per Trento. Le prime trincee e fortificazioni invece si trovavano in riva al Garda, sul Monte Brione e sul Ponale.
In un momento ludico, c’è sempre un profondo pensiero per coloro che sono stati qui in ben altre circostanze.

Storia del paesaggio levigato dai ghiacciai.

Camminando lungo le trincee, si può osservare la storia del paesaggio circostante, profondamente caratterizzato dall’azione dei ghiacciai e del fiume Sarca.
Tra 2,5 milioni di anni e 10 mila anni fa l’arco alpino fu interessato da numerose fasi di espansioni e ritiro dei ghiacciai. 20 mila anni fa il ghiacciaio atesino (il più esteso fra quelli alpini), defluiva principalmente attraverso la Valle del Sarca fino alla pianura Padana. Le morene trasportate da questo grande ghiacciaio crearono lo sbarramento che ha permesso la formazione del Lago di Garda.
Fino a circa 10 mila anni fa il lago aveva un livello 15 metri superiore all’attuale e pensate che il Monte Brione era addirittura un’isola! La progressiva erosione dello sbarramento morenico ad opera del fiume Mincio, emissario del lago, ha portato ad un abbassamento del livello e all’attuale conformazione geomorfologica dell’area.

Come arrivare a Bosco Caproni e dove parcheggiare.

Se avete pulmini o auto di grosse dimensioni, potete comodamente parcheggiare in Piazza Giuseppe Caproni ad Arco (TN). Da lì proseguite a piedi imboccando Via Giacomo Leopardi, poi Via Verde e infine Via Olivi in direzione Bosco Caproni – Falesia Policromuro. Arriverete all’imbocco del sentiero in circa 15 minuti di cammino.

Se invece avete auto più “snelle”, da Piazza Giuseppe Caproni potete proseguire in auto fino al parcheggio della Falesia Policromuro – località Braila, presso il quale si trova l’imbocco del sentiero.
Attenzione: alcuni passaggi fra i vicoli in mezzo alle case sono abbastanza stretti e il parcheggio è piccolo e si rischia di trovarlo già tutto occupato.

Quando andare a Bosco Caproni.

L’escursione è fattibile tutto l’anno. Consigliamo comunque di controllare sempre le condizioni meteo (in caso straordinario di neve o ghiacciate invernali).
Consiglio per i fotografi: il sole entra nelle cave di oolite solo al mattino, creando bellissimi giochi di luci e ombre. Perciò gambe in spalla dopo colazione!

Cari Outdoors, non vi resta che perdervi nella meraviglia di questo bosco, parzialmente trasformato per mano dell’uomo che per fortuna, almeno stavolta, è stata benevola e protettiva.

Silvia Turazza – Redazione Garda Outdoors

Silvia Turazza

Secondo l’arte dell’onomanzia, il significato del mio nome è così descritto: “vive nei boschi, silvestre e selvaggia”. A volte il fato conosce la strada prima di te, e ti forgia con le esperienze più affini. Vivo del cuore del Garda a Castelletto di Brenzone. Appassionata di trekking, fotografia e scrittura, che unisco in piccole avventure. Se mi cercate, mi trovate nel bosco vista lago... con i miei Roberto e Gea.

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